Un omaggio alla carta e al libro nell’epoca della memoria digitale.
Dal fascino delle grandiose biblioteche storiche italiane, agli obsoleti archivi cartacei, alla penombra delle librerie domestiche, fino alla leggerezza del foglio di carta, appunto o spartito musicale, carta e cartaccia sui marciapiedi e i luoghi abbando-nati, manifesto strappato sui muri delle periferie.
Un viaggio cominciato vent’anni fa e che considero ancora appena all’inizio, tali e tanti sono gli stimoli e le idee che ho accumulato e che si moltiplicano ad ogni lavoro riuscito. Un viaggio che adesso propongo per la prima volta in modo organico in questa rassegna biennale di esposizioni e in questo catalogo che le accompagna.
Mai come questa volta i luoghi non sono casuali, quello che più mi attira è il rapporto a doppio filo che lega il mio lavoro a quelle sedi espositive.
L’Angelica di Roma è da anni quasi il perno su cui ruota questa ricerca, il vero archetipo della biblioteca, un sogno ad occhi aperti, un’emozione pari a quella delle grandi chiese barocche romane. Non la scoprii per caso, avevo visto alcune immagini di un fotografo (tedesco?) alle Corderie dell’Arsenale e nei fui subito attratto, segno che anche visitare la Biennale può servire a qualcosa. C’era la didascalia “Biblioteca Agostiniana – Roma” o qualcosa di simile e da là iniziai la ricerca.
Per continuare devo ammettere la mia ignoranza sull’esistenza della Biblioteca Delfiniana nel Palazzo Arcivescovile di Udine fino a meno di un anno fa. A mia discolpa posso dire che, abbagliato dai vicini affreschi del Tiepolo, non ero mai riuscito a proseguire la visita nelle sale adiacenti. Ma in quella dello scorso ottobre fu questo straordinario ambiente totale ad abbagliarmi ed iniziai subito una serie di lavori di cui offro qualche spunto nel catalogo.
Potrei continuare con gli Archivi Giudiziari di Mantova, all’interno del complesso dell’Archivio di Stato, che visitai grazie alla direttrice nel corso di un sopralluogo alla Sacrestia della Santissima Trinità, all’interno del medesimo complesso. Fu un’altra sorpresa, come entrare nelle Carceri del Piranesi. Era il quindici giugno scorso ed il giorno dopo ero già al lavoro.
Un’altra felice coincidenza mi lega a Gorizia. Fu proprio là che, nel 1988, nel corso di una personale allo studio Exit, aggirandomi come al solito, abusivamente, alla ricerca di immagini da salvare all’interno di uno storico opificio dismesso, scoprii l’incanto di un enorme archivio cartaceo e si innescò la scintilla di questo lavoro.
Per sdrammatizzare ed alleggerire devo aggiungere che altri preziosi stimoli mi vennero dagli scaffali sullo sfondo del ritratto fotografico di un ancor giovane Samuel Beckett, che mi ispirò un dipinto del 1989. Ed uno ancor più forte da una foto in bianco e nero di un interno con una grande libreria riproposto sui settimanali dell’epoca per la campagna pubblicitaria di una nota casa di biancheria.
Come già scrissi, nell’era digitale la pittura riesce ancora a sorprendere.